Le volte della grande sala si dissolvevano nell’infinito tra azzurri strati di fumo. I chiodi degli scarponi grattavano il pavimento, i boccali si scontravano e l’odore combinato di birra e corpi, di vestiti vecchi e cortili di campagna assaliva il nuovo venuto. Trovai un po’ di spazio a un tavolo pieno di contadini e mi portai anch’io alle labbra uno di quei masskrüge. Era più pesante di un manubrio di ferro, ma la birra bionda all’interno era fresca e meravigliosa, un meditabondo litro cilindrico di mito teutonico. Era questo il carburante che aveva trasformato gli insaziabili mangiatori al piano di sopra in Zeppelin e che li faceva librare in volo lontani dalle pene del cuore. Sui cilindri color canna di fucile erano impresse in azzurro le lettere HB, congiunte sotto la corona bavarese, come il marchio delle fonderie sui cannoni.
Nella mia fantasia, i tavoli diventavano postazioni dove ciascun artigliere armeggiava con un pezzo, silenzioso e senza rinculo, puntato su di sé, che bombardava in un assedio costante. Il cannoneggiamento dei masskrüge! Qua e là sui tavoli, con le teste in pozze di birra, isolati artiglieri erano stati abbattuti nella loro postazione. Le volte rimbombavano del fragore di un tiro di sbarramento che si spostava con l’avanzare delle truppe. Ci sarà stato oltre in migliaio di pezzi in azione! – Grandi Berta, pallida prole dei Krupp, una postazione d’artiglieria dopo l’altra che sparava a casaccio o esplodeva raffiche simultanee, mentre le mani aggiustavano alzo e brandeggio per poi irrigidirsi sul guardamano di terracotta. Appoggiandosi ai compagni, i feriti vacillavano in mezzo al fumo della battaglia e subito un nuovo artigliere si precipitava ad occupare la postazione rimasta libera.

Patrick Leigh Fermor – Tempo di regali

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